Semiramide, La Signora regale

Questo cofanetto di due CD riproduce un personale e appassionante progetto di ricerca che il mezzosoprano lucano Anna Bonitatibus ha dedicato al mito di Amiran, Sammuramat o, se preferite, Semiramide: uno dei personaggi più frequentati e presenti dell’intera letteratura operistica mondiale, dalla Semiramide in India di Francesco Socrati del 1648 alla Semiramid di Peter Michael Hamel del 1983, come ricordato dalla stessa Bonitatibus nelle note introduttive al CD. Quello che la Bonitatibus propone è uno dei molti itinerari possibili all’interno del mi- to della regina siriano-assira, passando dalle opere del ’600-’700, in cui in generale si racconta della giovinezza di Semiramide o del suo periodo travestita da uomo nella sua corte, ai grandi melodrammi dell’800, dopo che la Semiramis di Voltaire (1748) aveva fatto emergere il lato più nero e oscuro del personaggio, in cui è invece il supposto incesto con il figlio Arsace a gettare ombre inquietanti sulla figura della donna. Un progetto del genere non avrebbe mai potuto vedere la luce fino a qualche anno fa: i recital tematici, da sempre appannaggio delle grandi belcantiste (si pensi ai grandi album della Sutherland e della Horne), hanno avuto un impulso ulteriore da quando Cecilia Bartoli li ha fatti diventare campioni di vendite e di incassi: è lecito quindi supporre che senza i trionfi bartoliani nessuna casa discografica avrebbe avuto interesse a realizzare un doppio CD quasi integralmente composto da prime registrazioni mondiali come questo. Rispetto al « bartolismo » imperante nel mondo della prassi esecutiva settecentesca dei nostri tempi, tuttavia, Anna Bonitatibus costituisce una lodevole eccezione: evita per quanto possibile i suoni fissi tanto cari ad alcuni specialisti e che ultimamente si stanno facendo strada anche nell’esecuzione del repertorio primottocentesco; cerca di valorizzare la fluidità della coloratura senza renderla inutilmente meccanica, a costo di rinunciare alla spettacolare velocità di esecuzione di altre colleghe; mette in luce, soprattutto, i pregi di una bellissima dizione e di un notevole istinto da musicista, concretizzato nella scelta di variazioni convincenti e raffinate. Ecco quindi che una voce priva di particolari meriti timbrici o naturali dimostra quanto siano più importanti in un’artista l’intelligenza della musicista e il gusto del porgere, dato che grazie a questi elementi la Bonitatibus confeziona un prodotto coinvolgente e interessante, soprattutto quando si lasciano i lidi del XVIII secolo per avventurarsi nelle musiche del primo ’800 in cui, escludendo la chanson à boire della Semiramide di Meyerbeer (già incisa in antologie e edizioni complete dell’opera) si ascoltano autentiche rarità. È molto bella l’ampia scena composta da Sebastiano Nasolini appositamente per Isabella Colbran, protagonista della ripresa napoletana del 1815 de La morte di Semiramide (1792), testimonianza delle molteplici possibilità espressive della vocalità della cantante spagnola, oltre che dell’estensione della sua voce; ancora più interessante la grandiosa prima stesura del rossiniano « Bel raggio lusinghier », priva della scintillante cabaletta « Dolce pensiero» (l’orchestrazione è stata ricostruita da Philip Gossett) e molto toccante, infine, la declinazione musicale a cura di Manuel Garcıa della preghiera « Al mio pregar t’arrendi » (proveniente da una Semiramis allestita nel 1828 al Teatro Los Gallos di Ciudad de Mexico) che, in un’orchestrazione per soli fiati, dona al mito della regina guerriera un sapore umano di forte comunicativa. Da questo tour de force Anna Bonitatibus esce con tutti gli onori: convincente nei brani del ’700 (bello il tono da mezzo carattere dato alla Semiramide in Villa di Paisiello), la Bonitatibus accusa qualche affanno in Nasolini (in cui si sarebbe desiderato anche un fraseggio più diversificato) ma in compenso è ottima la resa dei brani di Meyerbeer, Rossini e Garcıa, quest’ultimo da considerarsi il vertice del disco. Coadiuva la Bonitatibus nella realizzazione del recital la bella prova dell’Accademia degli Astrusi guidata da Federico Ferri, dimostrando come l’utilizzo di strumenti originali non debba necessariamente essere sinonimo di velocità per partito preso e assenza di dinamiche che non siano o pianissimi o fortissimi estremi. Raffinato, infine, anche il packaging del booklet, che presenta un percorso iconografico dedicato a Semiramide all’interno delle arti figurative: considerando certe eccentriche scelte di marketing degli ultimi tempi anche questo buon gusto va lodato.